Quello che dev'essere ben chiaro ai militanti, ma anche ai semplici aderenti e simpatizzanti, è il nostro preciso collocamento rispetto all'esperienza politica italiana degli anni 1922-45 che, dal simbolo littorio adottato, fu denominata Fascismo ed ebbe come capo indiscusso Benito Mussolini. Il noto slogan " non rinnegare — non restaurare ", coniato da Almirante, dice poco o Nonea, e non può certo soddisfare chi abbia bisogno di idee chiare per qualificarsi e per agire in questa Italia del XXI secolo. Tra gli uomini e tra i popoli, sono sempre esistite due tendenze contrapposte, perché ambedue fanno parte della natura umana. La direzione delle prima è verso I'alto, e cioè verso la realizzazione piena della persona stessa nei suoi attributi superiori, che la rendono aperta al mondo del soprasensibile e del sovra-razionale e la portano a integrarsi scientemente nella legge suprema che regola il cosmo. La seconda trae invece in basso, e cioè all 'abbandono passivo agli impulsi, che per l'Uomo non sono neppure quelli naturali (istinti) ma sono deformati dalla mente (vizi o appetiti), e alla rinunzia a qualsiasi sforzo di interiore miglioramento (dogma dell'eguaglianza), e rende quindi la persona vittima indifesa di qualunque condizionamento esterno. La forza traente verso I'alto è stata ovunque e in ogni tempo personificata in un Dio creatore e giudice, e anche quella degradante in varie entità sataniche, dalle cui lusinghe ed inganni è necessario difendersi. Sul piano politico, possono parimenti concepirsi e realizzarsi autorità ed ordinamenti che si pongano come scopo precipuo il miglioramento qualitativo dei cittadini, sia come singoli che come comunità, non solo attraverso una determinata educazione, ma soprattutto attraverso un meccanismo sociale, giuridico ed economico che di per sé esalti e sviluppi la responsabilità, la solidarietà, l'autodisciplina, 10 sprito di sacrificio, la fiducia in se stessi e nelle proprie risorse, insomma tutte le virtù che portano un popolo a primeggiare e a conquistare la serenità. Si incontrano però anche sistemi che si propongono il dominio sui popoli, realizzato facendo leva sulle loro debolezze e amputandoli di ogni forza interiore e di ogni autonomia mentale e pratica, affinché divengano del tutto dipendenti da beni materiali esterni, e quindi da chi può a loro, a suo arbitrio, concederli o negarli. La prima impostazione, che ci è trasmessa da una saggezza millenaria, denominiamo appunto TRADIZIONE, la seconda SOVVERSIONE. Ora, noi riteniamo che il Fascismo e i numerosi fenomeni analoghi (anche se non uguali), come anche il regime giapponese di anteguerra, siano stati i più recenti sistemi "moderni" di gestione dello Stato che possano collocarsi nella direzione positiva e "tradizionale", mentre la liberal-democrazia oggi trionfante, come anche il fallito rimedio bolscevico affetto dai suoi stessi mali, non sia che la quintessenza della sovversione, come quella tendente a ridurre I'umanità intera in un magma incolore, impotente e rassegnato di schiavi di Mammona. E' ovvio che i regimi positivi cui abbiamo accennato e le istituzioni che furono loro proprie, si applicarono alle condizioni sociali, politiche, culturali, economiche e tecnologiche del secondo e terzo decennio del secolo scorso, e intesero curare i mali che allora travagliavano le nazioni cui si riferirono. E -si deve dire- vi riuscirono in modo così brillante da rasentare il miracoloso, tra l'ammirazione e I'invidia del mondo intero, quello opulento incluso. Oggi, trascorsa gran parte di un secolo, e dopo I'infausta vittoria delle sovversioni coalizzate nel 1945, gran parte di quelle condizioni sono profondamente mutate. Basti pensare che, quando giunsero al potere, i movimenti "fascisti" trovarono I'istituzione familiare ancora radicata e vigorosa, mentre oggi è palesemente in agonia; che il lavoro umano, allora ancora protagonista dell'attività economico-produttiva, oggi, tra meccanizzazione, cibernetica e informatica, si è drasticamente ridotto come ruolo, come richiesta e come qualità, oltrechè tragicamente aggravato come effetti su chi lo compie; che il generico "patriottismo", allora ancora diffuso ad onta degli attacchi dell'internazionalismo, oggi non va oltre il tifo sportivo; che le funzioni dei due sessi, allora ben distinte, sono oggi ridicolamente confuse; che la diffusione della televisione ha creato -per chi detiene il potere politico e finanziario- un'illimitata possibilità di condizionamento mentale delle masse; che vi è oggi una situazione di catastrofe ambientale gravissima, che allora non esisteva affatto; che vi è stato uno sviluppo teratologico dell'urbanesimo in danno delle campagne; che le cosiddette "esigenze di vita", in ogni classe sociale, sono state artatamente almeno decuplicate; che le speculazioni finanziarie e monetarie sono divenute -con la moneta senza copertura- di gran lunga le più redditizie; che quasi tutta l' Africa e buona parte dell' Asia erano possedimenti europei, mentre oggi sono Terzo Mondo affamato e pseudo-indipendente; e si potrebbe continua- re a lungo, ma ci basti dare un'idea. Ne consegue che, se è vero e apertamente affermiamo che il nostro giudizio sui movimenti "fascisti" e sul loro governo ove vi fu è nettamente positivo, mentre respingiamo del tutto come fraudolente e degradanti le cosiddette "democrazie" più o meno "sociali"; se è vero che onoriamo I'Uomo che in Italia seppe proclamare e guidare il Fascismo come il massimo condottiero e statista dell'evo moderno, il cui assoluto disinteresse, bontà e generosità furono premiati dall 'ignobile marmaglia asservita alla sovversione col martirio e col ludibrio; se è vero che la nostra fiducia negli omuncoli rappresentanti dei partiti (lasciamo perdere il popolo!) che oggi vanno baruffando, strapagati, nelle aule parlamentari, è pari a ZERO; ciò non significa che il nostro programma sia la scopiazzatura di tutto quanto in quel passato positivo fu realizzato. Sarebbe semplicemente stolto, e, oltre tutto, tipicamente antifascista. Ciò che il Duce volle soprattutto realizzare -e vi riuscì solo in parte, sia per I' immensità del compito, sia per la brevità del tempo concessogli -fu soprattutto un diverso modo di essere (I'ltaliano nuovo di cui sempre parlava), capace di esaltare in sé tutte le virtù della stirpe e di tenere a freno e compensarne i difetti; di privilegiare l'interesse presente e futuro della nazione sull 'egoismo individuale; di non indietreggiare dinanzi allo sforzo e al sacrificio; di affrontare i problemi in modo realistico e spregiudicato, senza paraocchi "ideologici" a priori. E' chiaro quindi che -proprio volendo seguire il suo insegnamento mutati essendo, come abbiamo accennato, tanti fondamentali aspetti della realtà da affrontare, mutare non solo possano ma debbano anche le soluzioni e gli istituti. La contemplazione fideistica e nostalgica di quello che fu non è fedeltà: è sclerosi mentale. Il Duce e i suoi collaboratori più fedeli e intelligenti, avevano ben poco, dietro di sé, come strutture ed istituti, da contemplare! Essi guardavano coraggiosamente avanti. Creiamo -scrisse Mussolini- giorno per giorno, con la nostra fede e la nostra volontà, questo, chiari i fini e chiaro il metodo dobbiamo fare oggi, se non vogliamo essere proprio noi a tradire.
(Rutilio Sermonti)