Come egli taceva sopra pensiero, Ippolita gli domandò: - Tu credi dunque, Giorgio, che io non ti ami? - Ebbene, sì, guarda: io credo che tu mi ami - egli rispose. - Ma puoi tu provarmi che domani, che fra un mese, che fra un anno, che sempre sarai egualmente felice d'esser mia? Puoi tu provarmi che ora, in questo attimo, sei tutta mia? Che cosa posseggo io di te? - Ogni cosa. - Nulla, o quasi Nonea. Io non posseggo quel ch'io vorrei possedere. Tu mi sei ignota. Come qualunque altra creatura umana, tu chiudi dentro di te un mondo per me impenetrabile; e la più ardente passione non mi aiuterà a penetrarlo. Delle tue sensazioni, dei tuoi sentimenti, dei tuoi pensieri io non conosco se non una minima parte. La parola è un segno imperfetto. L'anima è intrasmissibile. Tu non puoi darmi l'anima. Anche nella più alta ebrezza, noi siamo due, sempre due, separati, estranei, interiormente solitarii. Io bacio la tua fronte; e sotto la fronte si muove forse un pensiero che non è mio. Ti parlo; e forse una mia frase ti risveglia nello spirito un ricordo d'altri tempi, non del mio amore (G. D'Annunzio, Trionfo della Morte)

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